Alzi la mano chi non ha almeno un capo nero nell’armadio. Questo colore è diventato nel tempo simbolo di eleganza sobria. Lo storico Pastoreau ci racconta che il significato che diamo a questo colore ha le sue origine qualche secolo fa nel periodo della Riforma. Vi invito a leggere il suo libro sul “nero storia di un colore” per approfondire.
Tra i colori naturali, il nero è forse quello più antico con il bianco e il rosso. Ve le ricordate “le mani”o le pitture rupestri di bisonti nelle grotte di Lascaux? Probabilmente i primi artisti dell’umanità utilizzavano proprio i resti delle braci per disegnare in nero.
È chimicamente un pigmento, insolubile in acqua, in pratica una grossa molecola che non penetra e si lega alle fibre, ma si può appiccicare al supporto con prodotti sintetici o naturali (meno efficienti nel lavaggio). Nel mondo dell’arte sono noti per esempio il nero di vite (di fusaggine,castagno…) ottenuti carbonizzando i rametti. In commercio trovate i carboncini di fusaggine e il pigmento nero di vite o nero Roma.
I carboncini sono un bell’esperimento da fare per spiegare la combustione e pirolisi. Io mi sono solo divertita a cercare legnette di varie piante e metterle in stufa. Il nero che si ottiene ha intensità diverse a seconda della pianta.
Il nero è inoltre il colore principale nel mondo degli inchiostri. I monaci nel medioevo utilizzavano diverse piante ricche di tannino, a seconda della disponibilitá sul territorio. Dopo la macerazione in acqua, si concentrava l’estratto cuocendo a lungo e si aggiungeva ruggine. La reazione tra tannino e ferro è immediata, tutto diventa nero.
Probabilmente i primi neri sui vestiti venivano fatti allo stesso modo:cuocendo i panni nel bagno colore delle piante ricche di tannino e poi trattati con la ruggine, oppure si tingeva in pentole di ferro.
Piante molto ricche in tannino sono i castagni,le Farnie (querce,roveri..), continus, melograno, le acacie,eucalipti, larici. Attenzione che sono tannini di diverso tipo. I tannini trasparenti sono i migliori, i tannini Rossi daranno dei colori scuri sul marrone rosso mentre i tannini gialli virano verso il nero verde.
Tra le fonti di tannino più usati ci sono le galle di Quercia, queste palline che si formano in seguito alla deposizione dell’uovo tra foglia e legno da parte di una vespa. La pianta per difendersi e cicatrizzare la ferita si gonfia e circonda l’uovo. La larva si nutre del contenuto della galla tra le varie mute e poi sfarfalla uscendo dalla galla. Infatti trovate un buchino sulla superficie. Se non le trovate da le vostre parti le ho inserite nello shop.Le galle che ho io le raccoglie Lucia Cumer sul Baldo(VR).
Il colore che si ottiene sulle fibre vegetali è molto scuro, ma non è il nero come lo intendiamo noi oggi. Su lana e seta lavorando con molto ferro e tannino in alcuni casi sembra nero, ma bisogna stare attenti, il ferro si mangia per corrosione le fibre. Il colore inoltre non è brillante, la ricetta andava bene per vestiti popolari o per il lutto, ma non per la nobiltà che cercava il tessuto brillante, lucido.
Dal medioevo in poi l’arte tintoria di evolvé con nuove ricette e processi. L’uso di metalli, oggi definiti pesanti, permise di arrivare ad avere il nero brillante. Il cromo era tra i più usati, in particolare per Il “nero di Como”, un colore che si otteneva su seta tingendo con legno campeggio.
Oggi senza questi mordenti non è facile arrivare al nero-nero.
Nei libri si riportano delle ricette dove si combinano il tannino delle querce( o del sommaco o dell’acacia catechù) con il legno campeggio, la robbia e un giallo da fustetto o reseda. In alternativa si tinge in blu indaco e poi si carica con rosso robbia, giallo e tannino più una bella dose di ferro. Non è facile gestire in macchina così tanti colori e il processo rimane più facile a livello artigianale.
Su lana ed esempio è molto bello il nero che si ottiene tingendo in blu scuro, poi si mordenza con il ferro e si tinge con noce e campeggio.
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